INSIEME PER COSTRUIRE

CONVEGNO DI VERONA PRESSO “ISTITUTO SEGHETTI”

E’ il tema educativo per il prossimo triennio e anche il titolo dell’8° incontro di studio per docenti, educatori, personale della scuola che si è tenuto martedì 4 settembre 2018 a Verona, presso la Casa Provinciale delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù.
Erano presenti più di 170 tra Religiose e collaboratori laici che hanno dato vita a un’intensa giornata all’ insegna della gioia del ritrovarsi e della comune passione educativa.
Grande e sapiente animatore dell’in-contro il prof. Giuseppe Mari, Ordinario di Pedagogia generale all’  Università Cattolica del Sacro Cuore.

Costruire la comunità educante o riconoscere la comunità educante?

Questa la domanda intorno alla quale i presenti si sono impegna-ti nell’ascolto, nella riflessione, nella comune ricerca. Premesse fondamentali per affrontare la questione, l’affermazione che l’essere umano è strutturalmente relazionale e la convinzione del-la centralità del “lógos”, “pensiero” e “parola”, per arrivare ad affermare che l’essere umano si raccoglie iL’unità prodotta dal pensiero abbraccia pulsioni, emozioni, sentimenti e idee, perciò l’esse-re umano va coltivato nell’ampia
varietà delle sue espressioni, co-sicché anche le emozioni e i sentimenti debbono essere considerati come fonte di conoscenza in una costante tensione verso l’esterno, verso gli altri. Infatti, pur essendo costantemente richiamati dal nostro Io, siamo felici solo quando sappiamo dire an-che e soprattutto “Noi”. In realtà, la vita umana reca un profondo richiamo alla composizione all’unificazione.
Soltanto la comunità esprime e manifesta il richiamo compositivo, prova ne sia, a posteriori, la solitudine come conseguenza del fraintendimento del-la libertà.

La libertà è il tratto distintivo della persona, ma, se viene interpretata come scioglimento del legame, comporta la solitudine di cui oggi facciamo frequente esperienza

Che cosa vuol dire essere liberi? Significa essere capaci di porre in essere il vincolo sen-za costrizione. La comunità è correlata a questa esperienza. È vincolo, ma non viene identificata come una costrizione perché in seno alla prima comunità (la famiglia) abbiamo ricevuto la vita e ogni comunità è specchio dell’agire familiare.

La comunità viene costruita come “risposta” ed è specchio della nostra vita che è essenzialmente “risposta”: questo vale an-che per la “comunità educante”.

Allora, qual è la radice della comunità educante d’ispirazione cristiana?

Qual è il centro della “bella noti-zia”, del “Vangelo”?
La risurrezione di Cristo, cioè il fatto che un morto sia tornato alla vita.
Non è soltanto la “prova” della divinità di Gesù di Nazareth, ma anche la risposta più profonda aspirazione dell’essere umano.
Tutta la civiltà risponde a questo desiderio: dalle pitture rupestri ad oggi, quello che stiamo perseguendo è vincere il tempo.
Il termine “tecnico” per esprimere questo è salvezza per i cristiani, la salvezza è Cristo “via, verità e vita” (Gv14,6).
Occorre anzitutto ricorda-re che Dio ci precede sempre; la stessa aspirazione comunionale dell’essere umano ha la sua origine nella “somiglianza” con un Dio che è Trinità. La comunità, quindi, non va appiattita su una dinamica societaria “orizzontale”: questo vale anzitutto per la Chiesa.
Dobbiamo educare ed educarci al primato della trascendenza, in pratica: la precedenza dei fini sui mezzi, delle persone sulle cose, delle azioni sui dati.
Quindi, la radice della comunità educante d’ispirazione cristiana è Cristo, ma, se è “radice”, pervade tutto quello che facciamo come linfa che scorre nel tessuto vitale.

Che cosa vuol dire essere generativi come educatori?

L’importanza della generazione consiste nel fatto che segna il confine tra l’essere e il nulla. Occorre riscoprire questa “meraviglia”: siamo venuti al mondo perché siamo stati chiamati alla vita, tutta la nostra esistenza è “responsoriale”. L’originalità umana è racchiusa nella libertà la qua-le si esprime come la capacità di oltrepassare il piano della funzionalità, anche quando è concretamente in azione.

L’educatore è chiamato alla generatività.
Come il genitore secondo la carne, quello simbolico (l’educatore) aspira a dare la vita, non è seduttivo, ma oblativo, ama in chiave agapica e non empatica, tiene il ruolo nella sua forma di amicalità, sa porre la distanza accanto alla prossimità, evia qualunque forma di intimità, infine punta a diventare inutile, come il Battista quando dice: “Egli deve crescere, e io invece diminuire” (Gv 3,30)

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