“PUNTO GIOVANI”
in Diocesi di Mantova
Una nuova offerta di esperienze comunitarie
e proposte spirituali
Come Congregazione abbiamo dato la nostra adesione ad un Progetto della Diocesi di Mantova che prevede la partecipazione di una nostra Sorella a una Comunità composta da tre suore di Congregazioni diverse e da alcuni sacerdoti diocesani, situata a Castigliane delle Stiviere.
L’obiettivo è quello di maturare una visione d’insieme a favore della Pastorale giovanile che offra percorsi e proposte formative di accompagnamento personale.
L’esperienza, chiamata “Punto Giovani”, è alle dirette dipendenze del Vescovo mons. Marco Busca
I giovani protagonisti della Chiesa: vanno riportati al centro, parte attiva della comuni-tà. Nel corso del suo pontificato, Francesco parla alle nuove generazioni, invitando i ragazzi a svegliarsi dal torpore in cui la società moderna li riduce, assuefatti da una realtà che impoverisce le relazioni, allontana e isola invece di avvicinare.
Per riflettere su come accompagnare i giovani, Bergoglio ha indetto il Sinodo straordinario dei Vescovi.
Anche il nostro recente Sinodo diocesano aveva dedicato spa-zio ai giovani, con la proposta di affiancare loro figure educative capaci di guidarli nei momenti più significativi della vita.
Da un lato perché rappresenta-no il futuro delle nostre comunità, dall’altro perché talvolta nascondono situazioni di fragilità di cui bisogna farsi carico. Hanno bisogno di esempi positivi da seguire, qualcuno che li aiuti a cercare risposte alle loro domande: occorre agire con proposte concrete.
La diocesi di Mantova è andata in questa direzione con la scelta di creare due “Punto giovani”: uno nella parrocchia di San Leonardo, nel centro storico di Mantova, l’altro a Castiglione delle Stiviere.
Le due strutture nascono per rispondere a varie esigenze: periodi di ritiro spirituale, esperienze di vita comunitaria, pro-poste educative e formative, occasioni di confronto
«Il “Punto giovani” si propone come luogo di amicizia evangelica – spiega don Fabio Scutteri, responsabile del Centro di pastorale giovanile –, come segno di una Chiesa madre che sa prendersi cura, capace di accogliere e custodire. Per riuscirci è fondamentale parlare al cuore feri-to dei ragazzi» Il desiderio è che possa diventare punto di riferimento per tutto il territorio, «un polmone spirituale» che spinga i giovani a mettersi in cammino.
Il Progetto si estende anche all’Alto Mantovano
Castiglione delle Stiviere è uno dei comuni più popolosi della provincia: con i suoi 23 mila abitanti rappresenta un punto di riferimento per l’Alto Mantovano. Per questo è stato scelto come sede del secondo “Punto giovani” della Diocesi. L’Obiettivo finale è creare un luogo dove i giovani possano provare esperienze di vita comunitaria, sentirsi accolti e guidati in un percorso di crescita spirituale.
Uno dei volti del “Punto giovani” quello di don Sbravati: “Per me è l’occasione di mettermi in ascolto e fare conoscenza della realtà di Castiglione che mi sembra viva e ricca di esperienze significative.
Don Sbravati è assistente diocesano del settore Ragazzi e Giovani dell’Azione Cattolica e per alcuni anni è stato responsabile della Pastorale giovanile per le parrocchie del-la Città di Mantova. Il mondo delle nuove generazioni, quindi, è un ambiente a lui noto: “Oggi hanno un sacco di possibilità, ma questa abbondanza di scelte a volte crea disagio.
Soprattutto hanno un’immagine di futuro legata al successo e hanno bisogno di sicurezze.
La vita cristiana invece è basata sull’incontro, sulle relazioni ed è questo che dobbiamo aiutarli a riscoprire.
Oltre ad offrire iniziative per chi già frequenta la Chiesa, il Punto giovani “guarda anche a chi è più lontano.
Anche al “Punto giovani” di Castiglione vivranno tre suore di varie congregazioni: Suor Rosa Bianchera (Figlie del Sacro Cuore di Gesù), Silvia Maghetti (Dorotee di Venezia), Marie Honorin Ravaosolo (Orsoline figlie di Maria Immacolata). La diversità degli Istituti religiosi (e di origini: suor Honorin proviene dal Madagascar) è una scelta precisa, il valore ag-giunto è proprio la comunione che nasce dalla differenza. “Ci stiamo preparando a questo ser-vizio con il desiderio di essere vicine ai ragazzi - spiega suor Rosa Bianchera - con la grande sfida di vivere la comunione nella diversità, anche da parte nostra. È importante porsi accanto ai giovani, parlare il loro linguaggio per far conoscere l’amore del Signore Gesù.
Uno degli aspetti che più caratterizza il progetto è lo stile missionario: «Vogliamo dare un contributo a tutta la Diocesi - conclude il responsabile del Centro di pastorale giovanile e per questo siamo disponibili a muoverci sul territorio, per collaborare con parrocchie e associazioni.
Il “Puntogiovani” può essere anche un luogo di annuncio per raggiungere ragazzi che di solito non frequentano la Chiesa. Suor Rosa ha già assunto l’insegnamento in una delle Scuole Superiori
Settimanale Diocesi di Mantova
INSIEME PER COSTRUIRE
CONVEGNO DI VERONA PRESSO “ISTITUTO SEGHETTI”
E’ il tema educativo per il prossimo triennio e anche il titolo dell’8° incontro di studio per docenti, educatori, personale della scuola che si è tenuto martedì 4 settembre 2018 a Verona, presso la Casa Provinciale delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù.
Erano presenti più di 170 tra Religiose e collaboratori laici che hanno dato vita a un’intensa giornata all’ insegna della gioia del ritrovarsi e della comune passione educativa.
Grande e sapiente animatore dell’in-contro il prof. Giuseppe Mari, Ordinario di Pedagogia generale all’ Università Cattolica del Sacro Cuore.
Costruire la comunità educante o riconoscere la comunità educante?
Questa la domanda intorno alla quale i presenti si sono impegna-ti nell’ascolto, nella riflessione, nella comune ricerca. Premesse fondamentali per affrontare la questione, l’affermazione che l’essere umano è strutturalmente relazionale e la convinzione del-la centralità del “lógos”, “pensiero” e “parola”, per arrivare ad affermare che l’essere umano si raccoglie iL’unità prodotta dal pensiero abbraccia pulsioni, emozioni, sentimenti e idee, perciò l’esse-re umano va coltivato nell’ampia
varietà delle sue espressioni, co-sicché anche le emozioni e i sentimenti debbono essere considerati come fonte di conoscenza in una costante tensione verso l’esterno, verso gli altri. Infatti, pur essendo costantemente richiamati dal nostro Io, siamo felici solo quando sappiamo dire an-che e soprattutto “Noi”. In realtà, la vita umana reca un profondo richiamo alla composizione all’unificazione.
Soltanto la comunità esprime e manifesta il richiamo compositivo, prova ne sia, a posteriori, la solitudine come conseguenza del fraintendimento del-la libertà.
La libertà è il tratto distintivo della persona, ma, se viene interpretata come scioglimento del legame, comporta la solitudine di cui oggi facciamo frequente esperienza
Che cosa vuol dire essere liberi? Significa essere capaci di porre in essere il vincolo sen-za costrizione. La comunità è correlata a questa esperienza. È vincolo, ma non viene identificata come una costrizione perché in seno alla prima comunità (la famiglia) abbiamo ricevuto la vita e ogni comunità è specchio dell’agire familiare.
La comunità viene costruita come “risposta” ed è specchio della nostra vita che è essenzialmente “risposta”: questo vale an-che per la “comunità educante”.
Allora, qual è la radice della comunità educante d’ispirazione cristiana?
Qual è il centro della “bella noti-zia”, del “Vangelo”?
La risurrezione di Cristo, cioè il fatto che un morto sia tornato alla vita.
Non è soltanto la “prova” della divinità di Gesù di Nazareth, ma anche la risposta più profonda aspirazione dell’essere umano.
Tutta la civiltà risponde a questo desiderio: dalle pitture rupestri ad oggi, quello che stiamo perseguendo è vincere il tempo.
Il termine “tecnico” per esprimere questo è salvezza per i cristiani, la salvezza è Cristo “via, verità e vita” (Gv14,6).
Occorre anzitutto ricorda-re che Dio ci precede sempre; la stessa aspirazione comunionale dell’essere umano ha la sua origine nella “somiglianza” con un Dio che è Trinità. La comunità, quindi, non va appiattita su una dinamica societaria “orizzontale”: questo vale anzitutto per la Chiesa.
Dobbiamo educare ed educarci al primato della trascendenza, in pratica: la precedenza dei fini sui mezzi, delle persone sulle cose, delle azioni sui dati.
Quindi, la radice della comunità educante d’ispirazione cristiana è Cristo, ma, se è “radice”, pervade tutto quello che facciamo come linfa che scorre nel tessuto vitale.
Che cosa vuol dire essere generativi come educatori?
L’importanza della generazione consiste nel fatto che segna il confine tra l’essere e il nulla. Occorre riscoprire questa “meraviglia”: siamo venuti al mondo perché siamo stati chiamati alla vita, tutta la nostra esistenza è “responsoriale”. L’originalità umana è racchiusa nella libertà la qua-le si esprime come la capacità di oltrepassare il piano della funzionalità, anche quando è concretamente in azione.
L’educatore è chiamato alla generatività.
Come il genitore secondo la carne, quello simbolico (l’educatore) aspira a dare la vita, non è seduttivo, ma oblativo, ama in chiave agapica e non empatica, tiene il ruolo nella sua forma di amicalità, sa porre la distanza accanto alla prossimità, evia qualunque forma di intimità, infine punta a diventare inutile, come il Battista quando dice: “Egli deve crescere, e io invece diminuire” (Gv 3,30)