GRAZIE SHENGJIN!
Oggi, 28 agosto 2016, si conclude la mia avventura umana e cristiana in Albania, nella comunità di Shengjin.
Vi arrivai il 5 settembre 2007.
Sono stati anni straordinari, ricchi di impegni e di sfide. Qualcuna affrontata bene, altre perse, comunque tutte salutari.
Ringrazio Dio per tutto: senza la sua infinita fantasia creatrice non sarei arrivata qui; Lo ringrazio perchè, con un po' di pazienza da parte mia e sua, la vita in Albania mi ha ancora trasformata e plasmata.
Onore e Grazie alla mia comunità: con Assunta, Rosa e Fernanda ho passato anni immensi
Da giovane sognavo comunità, oggi posso raccontarla, senza enfasi, forte di una umanità - la loro - che mi ha sostenuto e benedetto.
Ho dato tanto anch'io, felice di farlo, per nulla affaticata.
Non ho meritato nulla: giorno per giorno ho stra-ricevuto la mia ricompensa, semplicemente vivendo.
Faleminderit alla gente di Shengjin, cristiani, musulmani e di tutto un po'.
Lo Spirito opera in tutti ed è bello vivere per andarlo a scovare, nelle persone, nelle situazioni, nella terra, pur aspra e dura.
Inseguire lo Spirito che ci precede, Dio che regna prima che arriviamo noi: ho avuto qui la calma giusta e le condizioni più trasparenti per allenarmi in questo entusiasmante percorso.
Grazie alle centinaia di laici che hanno condiviso con noi periodi di vita, ai giovani in cerca di senso, alle Associazioni che, ancora oggi, operano in Albania per edificare qui segni concreti della solidarietà umana.
Collaborando con loro ho imparato " a stare al mondo", a rapportarmi con le Istituzioni, a ragionare di edilizia, a inventare progetti, a scoprire i bisogni.
Andandomene lascio certamente più in pace la mia comunità. E' un piccolo pensiero che mi aiuta a portare la fatica di questi giorni.
Grazie alle Istituzioni albanesi: abbiamo collaborato, litigando spesso ed esercitando, insieme, il "dialogo tra le culture diverse", al quale si arriva, mi pare, anzitutto con un grande coinvolgimento umano.
Grazie alla Chiesa che vive in Albania: le voglio proprio bene e sono contenta che stia vivendo con slancio passi di grande importanza.
Molta riconoscenza a sr Antonella che viene al mio posto: le auguro più del bene che ho ricevuto io.
Una preghiera alla comunità di Bergamo che mi accoglie: abbiate pazienza e benevolenza.
Il Signore è il nostro pastore, nulla ci mancherà.
SR GIANNA LESSIO f.s.c.j.
LA FORZA DELL' ANONIMATO
LA FORZA DELL' ANONIMATO
La grande gabbia che costruiamo attorno a noi è invisibile e soprattutto presente.
Onnipresente.
Le sbarre vibrano soprattutto di notte, come fili dell'alta tensione.
Di giorno la gabbia preme sul torace.
È ansia di essere qualcuno e vibra nel respiro smorzato, nelle pieghe della voce, della fronte delle mani dell' addome.
Vibra come una supplica segreta, "Ti prego fammi essere qualcuno", che nasce dal terrore di non essere, come se essere nessuno fosse il nulla.
Ma l'anonimato, ora, nel tempo del ricatto continuo, della funzionalità e della mercificazione assoluta che spreme la vita fino all'esaurimento, l'anonimato ora è una scelta di vita e di libertà che non ha prezzo.
Non temere l'anonimato come una maledizione ci libera dalla minorità perenne di chi supplica continuamente, guardando in alto, di essere qualcuno, di diventare qualcosa con un valore di mercato.
L'anonimato ci permette di rivolgere lo sguardo attorno e di riconoscerci con gli altri con le altre.
La gabbia che ci costruiamo attorno invece e' isolamento, sospetto, sfiducia. È paura degli altri, tensione continua in una competizione che ci svuota fino all'esaurimento.
Essere creativi è ciò che in questo momento può aiutare la nostra radicalità, sottrarci alla gabbia svuotandola.
Come un guscio vuoto, ma una creatività irriducibile al mercato, ai suoi criteri di premialita'. Non abbiamo più bisogno di opere rassicuranti, di facili divagazioni per intrattenere la nostra angoscia e stordire la paura di vivere.
Abbiamo bisogno di un processo di creazione che ci aiuti, come minatori, a scendere nella profondità delle nostre viscere fino alla ferita, per farla splendere.
In un film di Godard Belmondo punta una pistola verso il sole.
Prima di sparare bisogna almeno aver imparato a danzare.
A.A.